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LA VITA AL TEMPO DELLA PANDEMIA

In questo tempo di contagi i pensieri corrono in tutte le direzioni affollandosi in modo caotico e senza alcun significato apparente. Si mescolano volti appannati di amici e familiari salutati attraverso uno schermo digitale con frammenti di vita vissuta, schegge di sogni interrotti di un futuro che stenta a ripartire con le immagini dolorose provenienti dai servizi dei telegiornali, paure ancestrali di epidemie medioevali con i mesti elenchi fatti di morti e di nuove persone infette da COVID-19.
Non è facile scrivere di questi tempi. Ogni parola sembra inutile, inconsistente, priva di qualunque forza, che sia essa utilizzata per spronarci a resistere, o sia essa carica di speranza o scritta a scopo consolatorio. Cosa possono le parole di fronte ad una tragedia di questa portata, con centinaia di morti e di contagi che si succedono ogni giorno dall’inizio dell’anno in tutto il mondo, senza neanche una sosta, un attimo di respiro? La realtà è che ogni frase pronunciata, qualunque ragionamento pensato appare oggi sempre più schiacciato da quello che ci accade intorno.
E poi le parole in certi momenti storici andrebbero calibrate, mirate, soppesate. Nei momenti più difficili, si sa, quando sono i fatti che dovrebbero parlare, più che le congetture, quando tutti sono spaventati e aspettano una verità che nessuno ha in tasca che li rassicuri, le parole hanno un peso specifico diverso. Nei momenti delicati come quello che stiamo vivendo ogni sillaba pesa il doppio.
Ma scrivere ti permette anche di buttare fuori quello che hai dentro, fissando almeno per un attimo i pensieri e gli stati d’animo che in questi giorni assurdi ci fanno compagnia. Perché un domani, quando tutto sarà finito (perché prima o poi questa maledetta pandemia finirà), voglio ricordarmi di come eravamo in questi momenti, per evitare che poi lo scorrere del tempo diluisca questi giorni annacquandoli, lasciandomi senza memoria, senza alcuna lezione da ricordare.
Perché sono giorni strani questi, di ansie e di paure, che non sappiamo definire, maneggiare. Perché abbiamo di fronte un nemico invisibile e perché la nostra generazione si trova a combattere una condizione sanitaria, economica e sociale che non ha mai affrontato prima e che non avrebbe mai immaginato di dover vivere sulla propria pelle.
Che tempo è questo, ci domandiamo, dove le persone perdono i propri cari senza poterli neanche salutare, senza neanche poterli seppellire con un degno funerale?
Oggi, mentre si cerca ancora di capire i segreti di questo nuovo virus che non riusciamo a domare, le persone continuano a morire negli ospedali, nonostante gli sforzi eroici di medici e infermieri, che a loro volta rischiano la vita, in una sorta di drammatico corto circuito da girone dantesco.
Per prevenire il contagio e cercare di evitarne la diffusione, l’unica cosa che possiamo fare ora è evitare i contatti tra le persone, osservare rigide norme igieniche, non uscire, rimanere barricati in casa. Qualcosa che ricorda antiche pestilenze e lazzaretti.
Lavoriamo e viviamo tutti i giorni da casa una vita nuova, segregati nelle nostre abitazioni in una quarantena che ci isola e ci protegge al tempo stesso, costretti a ridefinire nuovi confini dei nostri spazi fisici ed emotivi. Il tempo che sembra dilatato è interrotto dai bollettini giornalieri della protezione civile o dalla uscita fugace per la spesa settimanale. Eppure ogni giorno, con le nostre paure e senza alcuna risposta certa sul nostro futuro, continuiamo a vivere, queste vite sospese, con i nostri pregi e difetti, facendo finta che sia tutto normale, mentre fuori il silenzio delle strade si fa sempre più fitto anche di giorno e il rumore costante delle sirene delle ambulanze ci ricordano che questo non è un gioco e neanche un brutto film.
Smarriti e indecisi sul da farsi, camminiamo per strade semideserte coperti da guanti e mascherine, che proteggono i volti e nascondono i sentimenti.
La peste raccontata dal Manzoni nei Promessi sposi ora mi ritorna in mente improvvisa e fastidiosa come un boomerang lanciato male. Una storia che abbiamo letto tutti ai tempi della scuola, ma forse senza darle il giusto peso che meritava. Storie lontane, ma allo stesso tempo sorprendentemente vicine.
Nel bene e nel male, la Storia insegna sempre qualcosa. Dal passato riemergono vicende che ricordano come i nostri comportamenti possono influire sui destini delle epidemie, perché queste non sono solo un fatto medico, ma anche una questione sociale.
La pandemia di SARS-CoV-2 ha messo a nudo come non mai l’estrema fragilità del nostro mondo. Su questo non c’è dubbio.
E’ anche vero però che quello stesso mondo sta reagendo. Non siamo gli stessi di un secolo fa, quando scoppiò la pandemia dell’influenza spagnola che fece milioni di morti. Abbiamo risorse e conoscenze che una volta non avevamo.
Trent’anni fa quando mi sono laureato in scienze biologiche con una tesi sperimentale in virologia l’emergenza si chiamava HIV. Era un virus mai visto prima, sconosciuto, un retrovirus. All’epoca il virus era stato identificato da poco, si era capito come veniva trasmesso, ma le persone continuavano ad infettarsi e a morire di AIDS. La paura del contagio era diffusa e sembrava non ci fossero soluzioni, se non la prevenzione. Poi alla fine però, dopo uno sforzo straordinario da parte di tutti i ricercatori del mondo fu messa a punto una terapia antivirale che riuscì a tenere sotto controllo il virus e ridare una speranza ai malati.
Fu un sforzo immenso quello, che ancora continua e che ricorda molto l’impegno della scienza di questi giorni e che ci rammenta che possiamo battere le infezioni con l’uso dell’intelligenza e della conoscenza. Certo è una battaglia difficile e per nulla scontata. Per vincerla, accanto alla ricerca scientifica, ci vorranno spirito di solidarietà, coraggio, nervi saldi, pazienza, sacrificio e anche un po’ di fortuna.
La settimana scorsa il cielo era spesso velato e faceva un po’ freddo, la televisione ha detto però che per Pasqua farà caldo e ci sarà il sole.
Ci credo. Verranno sempre tempi migliori. Ne sono sicuro.


Paolo Mattana 9 aprile 2020